Era nell’aria e, la sera tardi dell’8 marzo, è arrivata. Si sta parlando della proroga concessa da Palladio e Sator per avere una risposta circa l’offerta sul riassetto del gruppo Fondiaria-Sai, che parte da Premafin e che si pone come alternativa rispetto a quella di Unipol. Le due finanziarie hanno deciso di dare alla famiglia Ligresti, azionista di riferimento della holding con oltre il 70% del capitale, tempo fino al 22 marzo, ossia qualche giorno dopo l’assemblea dei soci della compagnia assicurativa che dovrebbe varare l’aumento di capitale (il cui ammontare potrebbe scendere da 1,1 miliardi a 900 milioni). Una proroga che, da una parte, allunga i tempi e permette di svolgere con più calma tutta una serie di operazioni complesse come ad esempio lo studio dei concambi per le fusioni previste dal piano Unipol, compito affidato al professore Maurizio Dallocchio.
Dall’altra, però, come fanno notare gli analisti di Intermonte nel morning note del 9 marzo, la proroga potrebbe finire per danneggiare gli azionisti. Osservano gli analisti della Sim: «Ancora segnali di forte incertezza. Palladio e Sator potrebbero allungare i tempi di definizione della vicenda con azioni di disturbo che rischierebbero di riflettersi negativamente sui titoli della galassia Ligresti». Interpellato dai cronisti il giorno stesso circa la proroga dell’offerta alternativa, il patron della famiglia Ligresti, Salvatore, ha dichiarato: «Io non parlo mai, sapete che sono della vecchia scuola». A fornire la risposta definitiva a Palladio e Sator dovrà essere, infatti, Premafin, che controlla Fonsai al 36 per cento. Decisivo sarà anche il ruolo della banche finanziatrici della holding quotata, esposta per circa 370 milioni.
I creditori di Premafin, nonostante le pressioni giunte da più fronti, non sono ancora riusciti a raggiungere un accordo unanime sulla ristrutturazione del debito, passaggio indispensabile per portare avanti il piano messo a punto da Unipol con la benedizione di Mediobanca. A testimonianza del ruolo fondamentale ricoperto dalle banche nella partita, la holding vicentina guidata da Roberto Meneguzzo e il private equity di Matteo Arpe si sono riservati di ritirare la proposta nel caso in cui non fossero messi nella condizione di trattare il piano di ristrutturazione con gli istituti di credito. Insomma, un quadro complesso, dai possibili risvolti legali e in cui la Consob e l’Isvap hanno drizzato le antenne. C’è da sperare che ad andarci di mezzo non siano, ancora una volta, i piccoli azionisti della galassia Ligresti.